“Conferenza dei Consoli. Il contributo del Cgie”

 

Rodolfo Ricci, V.s.g. del Cgie

Ministero degli Esteri – 31 Ottobre 2018

 

 

 

 

 

Gentile Direttore Generale,

Gentili Signori Consoli,

Cari colleghi,

 

 

 

sulla base dei dati disponibili, si può affermare che la nuova emigrazione italiana è l’emigrazione “della crisi”. I flussi in uscita dall’Italia hanno, infatti, ricominciato a crescere in modo consistente dal 2008 stabilizzandosi sulla dimensione, oramai ampiamente condivisa da centri di studio e ricercatori, di circa 250-300mila persone all’anno tra il 2012  e il 2017; essi sono diretti prevalentemente verso le mete centro-nord europee, ma anche verso nuove destinazioni asiatiche, del nord e sud America e dell’Australia. Si tratta di numeri complessivamente analoghi a quelli dell’emigrazione di massa degli anni 60 del ‘900.

Un’entità che è ormai ben più alta degli arrivi di profughi, asilanti e migranti economici, cioè dell’immigrazione nel suo complesso.

Se prendiamo a riferimento i dati delle anagrafi consolari, la presenza italiana all’estero ha ormai superato nettamente lo stock di immigrazione (che è di circa 5,2 milioni di immigrati), raggiungendo i 5,7 milioni di emigrati, con un aumento del 100% negli ultimi 15 anni e di oltre un milione e centomila solo negli ultimi 5 anni.

 

A questo dato bisogna aggiungere un altro milione e forse più di giovani e meno giovani che, per ragioni note, non si iscrivono all’Aire, né vengono censiti dai consolati. Stiamo dunque parlando, con buona approssimazione, di circa 7 milioni di italiani tra vecchia e nuova emigrazione; cioè di oltre il 10% della popolazione italiana. Si tratterebbe della seconda “regione” italiana (in questo caso transnazionale), dopo la Lombardia.

 

La somma di immigrati ed emigrati (oltre 12 milioni) raggiunge invece circa il 20% dell’intera popolazione del paese, a conferma che l’Italia è un crocevia migratorio con caratteristiche abbastanza uniche nel panorama europeo; secondo il 42° Rapporto dell’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – (OECD –Continuous Reporting System on Migration”), nel 2016 l’Italia si situa all’8° posto tra i paesi OCSE, per entità di flussi di emigrazione.

(International Migration Outlook 2018 – Recent developments in international migration movements and policies DOI: https://doi.org/10.1787/migr_outlook-2018-4-en)

 

Di fronte a queste dimensioni è sorprendente e per certi versi incomprensibile che la discussione pubblica sui movimenti migratori si sviluppi ignorando la nuova emigrazione italiana che, al di là del nostro ambito di interesse, costituisce una grande questione nazionale, di cui però il paese non si occupa: “quelli che se ne vanno”, una volta fuori dai confini nazionali, sono ampiamente dimenticati.

 

Invece coloro che, come le rappresentanze associative dell’emigrazione, i patronati, i consolati, avevano a che fare quotidianamente con le persone che arrivano all’estero, avevano già abbastanza chiara da diversi anni la situazione. I tassi di incremento dei nuovi flussi sono stati infatti, secondo l’Istat, di circa il 22% all’anno dal 2011 al 2016.

 

Ma riprendendo i dati di ingresso registrati da alcuni importanti paesi di arrivo (in particolare Germania e Gran Bretagna) e confrontandoli con quelli delle cancellazioni di residenza registrati dall’Istat, avevamo fatto emergere già nel 2013 l’evidente scarto che c’era: i dati tedeschi e inglesi erano da 4 a 5 volte superiori a quelli italiani.

Ingressi dall’Italia in Germania e in Inghilterra secondo l’Istat e i rispettivi istituti di statistica locali

ANNO GERMANIA       GRAN BRETAGNA      
  Dati Istat Dati dello Statistisches Bundesamt Differenza

 

Scostamento dei dati in % Dati Istat Dati ONS (National Insurance Number) Differenza

 

Scostamento dei dati in %
2011 6.880 30.152 23.272 438 % 5.378 26.000 20.622 484 %
2012 10.520 42.167 31.647 400 % 7.542 32.800 25.258 434 %
2013 11.731 57.523 45.792 490 % 12.933 42.000 29.067 324 %
2014 14.270 70.338 56.068 492 % 13.425 57.600 44.175 429 %
2015 17.299 74.105 56.806 428 % 17.502 62.084 44.582 355%
Totale 60.700 274.285 213.585 451 % 56.780 220.484 181.206 388 %

* Fonti: Italia: Istat; Germania: Statistisches Bundesamt; Gran Bretagna: Office for National Statistics

 

 

2.

E’importante sottolineare che la nuova emigrazione italiana si sviluppa in un contesto di generale crescita dei flussi emigratori internazionali ed europei. Lo scorso giugno è stato pubblicato sul periodico Le Monde Diplomatique nelle varie edizioni nazionali europee, un dossier sull’evoluzione demografica e sui movimenti migratori in Europa. Si tratta di uno studio realizzato da ricercatori francesi, estremamente significativo e per molti aspetti inquietante. (“Dossier: Uno sconvolgimento demografico in Europa” – Le Monde Diplomatique,15 Giugno 2018 – )

 

Dallo questo studio emerge che negli ultimi trenta anni (dal 1989 ad oggi), a causa del combinato disposto di decremento demografico e di nuova emigrazione, la popolazione di quasi tutti i paesi dell’est europeo e dell’Europa mediterranea si è ridotta drasticamente: l’Ucraina, ad esempio, ha perso circa il 20% della sua popolazione (9 milioni di abitanti), la Romania, il 14% (3,2 milioni), la Moldavia circa il 17%, la Bosnia il 20%, la Bulgaria e la Lituania circa il 21%, la Lettonia oltre il 25%. I paesi dei Balcani, pur avendo un incremento demografico positivo, hanno registrato tassi di emigrazione enormi, fino al 37% dell’Albania. I tassi di emigrazione censiti nell’ultimo trentennio in questi paesi risultano superiori a quelli africani e si situano mediamente tra il 10 e il 18% delle rispettive popolazioni.

 

Nello stesso periodo, i paesi centro europei (Francia, Germania, Olanda, Belgio, Svizzera e Gran Bretagna) hanno visto crescere o stabilizzarsi la loro popolazione grazie essenzialmente a questi movimenti inter-europei (i quali costituiscono circa i due terzi del complesso dei movimenti migratori; solo un terzo proviene infatti da paesi extraeuropei): negli stessi ultimi 30 anni, la Francia è cresciuta di 9 milioni di abitanti (la stessa quantità persa dall’Ucraina, che trenta anni or sono aveva più o meno la stessa popolazione), mentre la Germania ha avuto un saldo immigratorio positivo colossale: 10 milioni di persone, in gran parte di lavoratori immigrati provenienti, per due terzi, da altri paesi europei. Per mantenere stabile la sua popolazione sugli attuali livelli, la Germania prevede di far entrare nei prossimi 30 anni, altri 20 milioni di lavoratori, in modo da ottenere un saldo positivo di ulteriori 10 milioni di persone.

 

I paesi mediterranei, tra cui l’Italia e la Spagna, hanno contenuto parzialmente la perdita di popolazione solo grazie all’arrivo di immigrazione prevalentemente dall’Africa, dall’America Latina e dal Medio Oriente, mentre hanno ceduto consistenti flussi di emigrazione agli stessi paesi del centro nord Europa. L’Italia, come ha sostenuto Enrico Pugliese nel suo ultimo libro “Quelli che se ne vanno” (Ed. Il Mulino) è dunque diventata una sorta di crocevia migratorio, con arrivi dalla costa sud del Mediterraneo e partenze verso il nord Europa che, dal 2014 in poi, risultano, come detto, superiori agli arrivi.

Sono evidenti in queste cifre, la profondità degli squilibri economici, sociali e territoriali a livello continentale che, in mancanza di interventi, sono destinati ad aumentare. Squilibri che stanno disegnando un nuova geografia e che mettono in discussione la sostenibilità del quadro comunitario, se si pensa che negli scenari che vengono presentati, paesi e territori già aggrediti da forte decremento demografico ed emigrazione, sono destinati a perdere, già nel prossimo decennio ulteriori quote di popolazione attiva: nel 2030, secondo il Dossier citato “un quarto della popolazione della Croazia potrebbe scomparire”.

Paradossalmente anche nel paese guida d’Europa, la Germania, i Länder della ex Germania Orientale si vedrebbero ulteriormente svuotati di popolazione a vantaggio delle regioni dell’ovest del paese che hanno già aspirato circa il 20% della sua popolazione dopo la riunificazione.

(“Dossier: Uno sconvolgimento demografico in Europa” – Le Monde Diplomatique, 15 Giugno 2018).

 

 

 

3.

Per l’Italia gli scenari sono altrettanto drammatici: lo Svimez, fin dal 2015 ha previsto la perdita di 5,5 milioni di persone nel sud del nostro paese al 2060-65. Recentemente l’Istat ha addirittura aggravato questa previsione portandola a circa 7 milioni di persone per l’intero paese, alla stessa data.

 

Le prospettive italiane risentono anch’esse di movimenti di emigrazione interna da sud verso nord, che si aggiungono a quelli verso l’estero; il meridione ne ha pagato e ne pagherà quindi le maggiori conseguenze. Negli ultimi 16 anni, 1.882.872 meridionali hanno lasciato le regioni del sud trasferendosi nel centro- nord o all’estero. Di questi, 345.123 erano laureati.

(http://www.svimez.info/images/RAPPORTO/materiali2018/2018_08_01_anticipazioni_testo.pdf)

 

In particolare nelle aree interne dell’appennino, ci troviamo di fronte a situazioni impressionanti: da uno studio realizzato lo scorso anno da Carmine Nardone e Grazia Moffa (Cedom, Università di Salerno), nella fascia di paesi del Beneventano fino ai 10.000 residenti, si è registrata una perdita di popolazione che varia tra il 30% e il 35%, solo nel breve spazio di tempo del quinquennio 2011-2016.

 

Gli effetti che possono discendere da questa evoluzione migratoria e demografica sono estremamente preoccupanti per i territori e le società coinvolte dai nuovi  esodi, ma altrettanto significative saranno le dinamiche che coinvolgeranno i paesi accettori dei nuovi flussi. Ci troviamo quindi di fronte a contesti regionali e nazionali rispetto alle quali la politica appare ampiamente assente. Sia a livello nazionale che europeo.

 

 

4.

Tornando al tema del nostro incontro, è evidente che la rete consolare e il complesso delle strutture associative e di servizio all’estero, sono i soggetti più esposti di fronte alla forte sollecitazione proveniente dalla nuova emigrazione e in generale dall’accentuarsi dei movimenti migratori; si tratta di sollecitazioni che sono allo stesso tempo quantitative e qualitative.

 

Per quanto attiene alla nuova emigrazione italiana è però utile soffermarsi brevemente sulle sue caratteristiche in termini di livelli di educazione e competenze e alla sua stratificazione per fascie di età. Dai rilevamenti Istat, confermati da una serie di ricerche sul campo, emerge che il 65% dei nuovi emigrati dispone di livelli medio-alti di scolarizzazione: 30% circa, laureati, 35% diplomati.

Dai dati Istat del 2014 risultava che oltre la metà dei nuovi emigrati italiani aveva un’età compresa fra i 18 e i 39 anni, mentre il 20% era fra 0 e 17 anni. Quindi, come peraltro in quasi tutti i flussi emigratori, la componente giovanile, in piena età attiva e riproduttiva è preponderante e il fatto che vi sia anche un 20% di bambini e ragazzi, indica che a spostarsi sono anche intere famiglie. (Domenico Gabrielli: Le emigrazioni dei cittadini italiani negli anni 2000 e l’aumento dei laureati – IDOS 2016)

Purtroppo, ciò non significa che l’inserimento nei mercati del lavoro dei paesi di arrivo corrisponda o sia adeguato a tali competenze. La crescente precarizzazione del lavoro che si registra pressochè in tutti i paesi, comporta che molti dei nuovi migranti siano occupati in mansioni al di sotto delle loro specifiche potenzialità, non raramente anche nel lavoro nero.

 

Spesso le scarse competenze linguistiche e la mancanza di un orientamento alla partenza e all’arrivo o di un accompagnamento alla costruzione di un solido progetto migratorio, giocano un ruolo negativo nella loro collocazione.

 

Si registrano in diverse aree metropolitane nuove situazioni di marginalità che riguardano anche i figli al seguito dei genitori migranti: le difficoltà di inserimento scolastico dei figli tornano a costituire un problema che sembrava lontano.

In generale, la non conoscenza delle normative e della legislazione locale, sia sul lavoro, sia sul welfare e la previdenza, comportano rischi di una collocazione marginale e, talvolta, di espulsione, come accade anche in paesi comunitari, come in Belgio, da diversi anni e, più recentemente, in Germania.

E’ aperta, come noto, e da definire la questione dello status dei cittadini comunitari in Gran Bretagna in conseguenza della Brexit.

 

Le difficoltà di permanenza e di inserimento sono ancora più accentuate nei paesi terzi (America, Australia e paesi in via di sviluppo), cioè in contesti di non libera circolazione.

 

Il nomadismo migratorio tipico di questa fase, con frequenti cambi di residenza da paese a paese, con periodi di inattività alla ricerca di altre opportunità di occupazione, pone in prospettiva il complesso problema del ricongiungimento dei contributi pensionistici a causa di normative molto diversificate, ancor più qualora nel tragitto lavorativo siano inclusi periodi di lavoro in paesi non coperti da accordi bilaterali.

 

La differenza strutturale dei nuovi percorsi emigratori rispetto a quelli fino agli anni ’70 è costituita infatti dalle modalità in cui essa si attua: nell’emigrazione del dopoguerra, nella maggior parte dei casi si partiva con opportunità di lavoro definite se non con contratti di lavoro vigenti fin dalla partenza. Oggi non è così: buona parte della nuova emigrazione si trasferisce all’estero e poi si mette alla ricerca di opportunità di lavoro; la precarietà delle condizioni contrattuali induce, come accennato, a ricorrenti spostamenti da città a città e anche da paese a paese con frequenti cambi di residenza.

 

Prima che il progetto migratorio si stabilizzi possono passare anni. In questo spazio di tempo incerto (che è una delle ragioni della mancata iscrizione all’AIRE), queste persone hanno solo saltuarie relazioni con le organizzazioni associative e di servizio e forse ancora meno con la rete consolare.

Allo stesso tempo vi è da rilevare che il livello di competenze di cui dispongono, consente loro di orientarsi nel nuovo universo precario, pur in modo frammentario, razie essenzialmente ai social network e alla rete di ralazioni che essa è in grado di mediare.

 

Da una indagine del Faim (Forum delle associazioni italiane nel mondo), sono oltre mille i gruppi di discussione su facebook che sono nati negli ultimi 5-6 anni e che raccolgono oltre un milione di aderenti tra nuovi e vecchi emigrati, spesso costruiti su base della città di arrivo (Italiani a Londra, a Berlino, ecc.) oppure sulla base di provenienza (Calabresi in Svizzera, Siciliani in Francia, ecc.).

 

A questi gruppi di discussione si fa frequentemente affidamento per la ricerca di una casa, per un corso di lingua, per trovare un lavoro, per conoscere una specifica normativa, per informazioni sull’assistenza sanitaria, previdenziale, ecc., per incontrarsi e per tutto ciò che può essere necessario nel periodo di insediamento.

Si tratta di una singolare nuova esperienza relazionale di mutuo soccorso in cui migranti precedentemente insediati offrono indicazioni a chi ne sa di meno o a chi è arrivato più recentemente. Ovviamente si tratta di servizi che potremmo definire “di prima accoglienza”, con livelli di orientamento generali e non approfonditi, tuttavia indispensabili.

 

Questa capacità di relazionarsi attraverso i social network costituisce una opportunità anche per un intervento istituzionale più consistente. E in ogni caso, si tratta di un luogo virtuale di utile monitoraggio e di contatto che può consentire lo sviluppo di servizi più maturi: a partire dalla diffusione della conoscenza dei servizi consolari, dalle possibilità di formazione linguistica e professionale locali a cui potrebbero essere abbinati quelli offerti da patronati e associazioni che hanno una diffusione territoriale più ampia con capacità di assistenza personalizzata.

 

Da questo punto di vista, il potenziamento di un’offerta di servizi in rete costituisce un primo indispensabile passaggio che dovrebbe essere convintamente perseguito.

 

L’innovazione tecnologica e la digitalizzazione dei servizi consolari attraverso il portale FAST-IT, potrebbe e dovrebbe anche compendiare la diffusione di una offerta sussidiaria in cooperazione con le molteplici puntuazioni e presenze istituzionali (es. Istituti di Cultura) e Associazionismo di promozione e di servizio (Associazioni, patronati, camere di commercio, imprese italiane, ecc.) all’estero, ma anche con le Regioni e gli Enti locali in Italia.

 

Istituire un servizio di accompagnamento “alla partenza” e “all’arrivo” dovrebbe essere l’obiettivo su cui lavorare in modo sinergico con tutte le alter istituzioni pubbliche e private che hanno a che fare con il lavoro, con la formazione, con l’assistenza: va quindi recuperato il ruolo del Ministero del Lavoro e dello Sviluppo Economico e quello delle Regioni che storicamente hanno svolto una importante funzione di raccordo con il mondo dell’emigrazione.

 

Dal nostro punto di vista, inoltre, non si tratta soltanto di rispondere ad una domanda e a fabbisogni di assistenza concreti, ma anche di mantenere un legame positivo con la nuova emigrazione, anche in vista di un auspicabile superamento delle sue cause e di auspicabili possibilità di rientro, almeno di una parte dei nuovi emigrati, in modo da poter riacquisire competenze e patrimonio umano su cui l’Italia e le famiglie hanno investito consistenti risorse che ammontano, annualmente, a diversi punti di Pil.

Rispetto a coloro che invece si insedieranno stabilmente all’estero, si dovrebbe aprire la possibilità di partecipare alla costruzione di reti di relazioni con i paesi di insediamento che può costituire un positive elemento di sviluppo nelle relazioni commerciali, turistiche, culturali, ecc., da attivare insieme alle regioni e alle aree di origine.

 

Dunque, in una prospettiva di medio termine, la capacità di innovazione e di risposta ai nuovi fabbisogni che emergono, costituisce una condizione per lo sviluppo futuro del paese.

Di questo dovremmo essere tutti coscienti e di conseguenza, essere capaci di trasferire al decisore politico e istituzionale la consapevolezza che il potenziamento di tali strumenti (potenziamento della rete consolare e coinvolgimento mirato delle altre strutture organizzate dell’emigrazione e di altre istituzioni centrali e regionali) costituisce un investimento netto per il presente e per il futuro del paese nel suo complesso, e non una richiesta corporativa o di settore.

 

 

 

 

 

5.

La definizione e la realizzazione di una serie di servizi che possono essere erogati on line dai consolati, in rete con altri soggetti sociali attivi in emigrazione e in Italia, costituisce un obiettivo indispensabile per evitare di dissolvere il grande patrimonio umano dell’emigrazione e si integra con altre impellenti necessità, come per esempio l’aggiornamento in tempo reale dell’ Anagrafe, l’acquisizione di cittadinanza o la gestione del voto all’estero.

 

Anche se, come è a tutti chiaro, essa non risolve la questione dell’accesso ai servizi per quella parte di popolazione emigrata costituita da anziani o da persone che subiscono gli effetti del digital devide.

In questo caso, non possono essere sottaciute le inefficienze del servizio di prenotazione attraverso call center privati che manifestano ovunque debolezze e scontento tra i fruitori, in particolare nelle circoscrizioni con maggiore presenza di nostri connazionali.

 

L’allargamento della rete fisica di consolati onorari e l’innovazione dei “funzionari itineranti” è quindi un obiettivo da continuare a perseguire. Allo stesso tempo, la questione della convenzione tra Maeci e Patronati che si protrae fin dall’inizio degli anni 2000, andrebbe finalmente definita chiarendo in modo preciso gli ambiti e i limiti dell’apporto che tali organismi possono offrire a vantaggio sia della rete consolare che degli utenti, superando, sulla base di impegni precisi, alcune perplessità insorte.

 

Dobbiamo anche tener presente che in una prospettiva di monitoraggio dei fabbisogni e di riprogettazione dell’erogazione di nuovi servizi, nonchè di affinamento di quelli tradizionali, non si parte da zero, almeno sul versante “dell’arrivo”: sono ormai numerose le indagini e gli studi anche sul campo realizzati in diversi paesi che hanno visto in prima fila sia la rete consolare, sia quella associativa e di rappresentanza (Comites), che hanno già prodotto interventi pilota e materiali di orientamento significativi; in particolare vogliamo citare il progetto “Primo Approdo” nel Regno Unito, il progetto “Primi passi in Germania”, lo Sportello per la nuova emigrazione del Consolato generale di Melbourne,  in Australia e quello del Consolato generale di Montreal, in Canada del quale sono stati analizzati e illustrati i risultati nel terzo numero 2017 di “Studi Emigrazione” dello CSER; ulteriori iniziative hanno riguardato alter cicoscrizioni consolari in Svizzera, Francia, Polonia, Lussemburgo, Belgio, Brasile, Argentina. Infine, diverse iniziative di ricerca e di sperimentazione sono state realizzate da diversi Comites con il finanziamento dell’Uff. I della DGIT e altrettanto numerose sono state le iniziative realizzate dalla rete di Associazioni e di Patronati, sia sul versante del monitoraggio che su quello delle iniziative informative, alcune delle quali si ripetono stabilmente da diversi anni in diverse città europee.

 

Vi è quindi un corpus di interventi ed esperienze a cui si può fare riferimento e che possono essere estesi ad altre puntuazione della rete, possibilmente integrando le funzioni della rete consolare con quelle di rappresentanza dei Comites e le presenze organizzate dell’emigrazione italiana più antica e più recente.

 

E’ chiaro che la funzione di iniziativa e di indirizzo che può emanare dai Consolati, in questa chiave, appare decisiva.

 

 

 

 

Conclusioni

 

Affrontare la questione di una riprogettazione della rete consolare in termini di programmazione – fondata su un’analisi dettagliata dei fabbisogni/necessità e delle opportunità presenti in ciascuna area/paese – , costituisce un momento importante di impegno istituzionale in un momento di cambiamenti significativi e di continua crescita dei flussi migratori nazionali e internazionali.

 

L’approccio proposto in questo caso per la nuova emigrazione italiana, può tra l’altro, essere di utilità anche per affrontare problemi, fabbisogni e opportunità che emergono sul versante dell’immigrazione nel nostro paese; le dinamiche demografiche indicate, la permanenza di specifiche ragioni di scambio tra paesi e continenti, implicheranno l’assunzione di scelte e di decisioni che non potranno essere schematiche e unilaterali, ma che dovranno essere concordate con i paesi erogatori di flussi di immigrazione verso l’Italia e l’Europa. La prospettiva di lettura dall’Italia e dall’Europa, andrebbe corroborata con quella dei paesi erogatori.

 

Uscire dall’emergenza e passare ad una dimensione di programmazione dei flussi, di investimento nell’integrazione e valorizzazione della risorsa immigrazione anche a fini di cooperazione con i paesi di origine, di promozione e diffusione del made in Italy, ecc., può significare predisporsi ad acquisire conoscenze sulle caratteristiche e competenze degli immigrati, a realizzare percorsi formativi e di orientamento da utilizzare negli interventi di cooperazione culturale, sociale, commerciale ed economica, che può contraddistinguere la specificità dell’azione dell’Italia in questo ambito, nello scenario globale di questa prima metà del secolo XXI.

 

Quindi anche nel contesto riferito alla presenza della nostra rete consolare nei paesi emergenti e in quelli in via di sviluppo, si ripropone un bisogno di indagine e di programmazione a medio-lungo termine che superi la dimensione dell’emergenza.

 

Emergenze che tuttavia possono sempre prodursi, a seguito di gravi crisi locali, come in Venezuela e in altri paesi, in cui vengono coinvolti anche cittadini italiani di più antica emigrazione. A questo proposito, un’attenzione particolare va rivolta all’evoluzione economico-sociale del contesto latino-americano che torna a manifestare elementi di forte incertezza e segnala la ripresa di flussi di emigrazione di ritorno verso l’Italia e l’Europa.

 

In generale, il fatto che già oggi, l’Italia sia composta di un 20% di popolazione emigrata ed immigrata (un quinto dell’intero paese), dovrebbe far propendere per attuare in modo intelligente un’azione complessiva e mirata che tenga insieme la dimensione dei diritti e quella della valorizzazione di questa straordinaria risorsa interculturale di cui si dispone.

 

Come appare evidente, le questioni indicate sono di dimensioni e di natura tali che non possono essere risolte solo con la buona volontà e l’impegno pur apprezzabile di parte delle istituzioni o del mondo delle organizzazioni di servizio e associative.

 

E’ da almeno 5 anni che il Cgie sta ripetutamente sostenendo l’istituzione della seconda (o quarta) conferenza nazionale dell’emigrazione. Sono ormai trascorsi quasi 20 anni dall’ultima che si realizzò a Roma nel 2000. Ci sembra che i tempi siano davvero maturi per chiederne la programmazione per il 2020, tenendo conto che nel 2019 potremmo utilizzare la Conferenza Stato-Regioni-Prov.Autonome-Cgie, come tappa per l’approntamento di un dossier analitico che ne consenta una valida e fondata preparazione e di una proposta complessiva per i prossimi decenni in cui dovremo confrontarci con mutamenti di scenario probabilmente sempre più rapidi e complessi.

 

 

 

 

Riferimenti:

International Migration Outlook 2018 – Recent developments in international migration movements and policies DOI: https://doi.org/10.1787/migr_outlook-2018-4-en

J.A.Dérens, L.Geslin. C.Léotard, L.L.Kutasi, R.Knabel-C.Aubert – “Dossier: Uno sconvolgimento demografico in Europa” – Le Monde Diplomatique, 15 Giugno 2018

Enrico Pugliese – “Quelli che se ne vanno” – Ed. Il Mulino 2018

SVIMEZ – Testo web – Anticipazioni rapporto Rapporto Svimez 2018 su: http://www.svimez.info/images/RAPPORTO/materiali2018/2018_08_01_anticipazioni_testo.pdf

S. Boffo e E.Pugliese – “Rivista delle politiche Sociali n.4-2017” – a cura di– Ediesse 2018

Matteo Sanfilippo – Luigi Maria Vignali: “La nuova emigrazione italiana”, in “Studi Emigrazione”, n. 207 – 2017

Delfina Licata (a cura di) – Rapporti Italiani nel Mondo  Migrantes – 2014-2018

Emanuela Galossi (a cura di) – (Im)Migrazione e Sindacato –Fondazione Di Vittorio – Ediesse 2017

FAIMLa nebulosa Nuova Emigrazione: di massa, composita e precaria. Convegno Senato FAIM – 2017

CGIE – Nuova Emigrazione Italiana: la relazione del CGIE alla Camera – 2017

Edith PichlerItaliani in Germania: Ancora una Reservearmee per il mercato del lavoro tedesco ? – Edith Pichler 2017

Edith Pichler – Germania: Migrazioni, euro-mobilità interna e cittadinanza europea (?) – in “Why Europe? German Italian Reflections on a Common Topic” – Stuttgart: Franz Steiner Verlag, 2016

Francesco Calvanese”Le nuove generazioni nei nuovi spazi e tempi delle migrazioni” – a cura di Francesco Calvanese – FILEF -Ediesse (2014)